È detto ictus, dal latino colpo, un evento vascolare cerebrale patologico, con conseguente perturbazione acuta della funzionalità encefalica, focale o generalizzata. Viene chiamato anche apoplessia o più appropriatamente attacco apoplettico o colpo apoplettico.

Rientra nelle sindromi vascolari acute. L'attacco ischemico transitorio (TIA) è un ictus ischemico definito dalla regressione completa della sintomatologia in meno di 24 h (ma solo il 5% dei casi evolve in più di 12 h).

I termini aulici utilizzati per definire questa patologia rispecchiano la storia della medicina, attraverso le lingue che hanno dominato le scienze nel corso dei secoli, poiché si passa dal greco apoplessi, al latino ictus, all'inglese stroke, che significano tutti allo stesso modo "colpo". Un termine più preciso è accidente cerebrovascolare.


Le diramazioni dell’ arteria carotide interna nel cervello


Definizioni


Secondo la definizione dell’OMS l’ictus è l'improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit locale e/o globale (coma) delle funzioni cerebrali, di durata superiore alle 24 ore o ad esito infausto, non attribuibile ad altra causa apparente se non a vasculopatia cerebrale. L'ictus è una emergenza medica e deve essere prontamente diagnosticato e trattato in un ospedale per l’elevato rischio di disabilità e di morte che esso comporta.

La definizione di ictus comprende, sulla base dei dati morfologici, l'ictus ischemico, più frequente, l'ictus emorragico, nel 15% dei casi e alcuni casi di emorragia meningea. L'errore nel diagnosticare l'ictus non supera il 5% dei casi, ed è raro anche se il medico non è uno specialista neurologo.


Tipi di ictus

Ictus ischemico
È una condizione caratterizzata dall’occlusione di un vaso (ischemia) a causa di una trombosi (25%) o di un’embolia (70%) o, meno frequentemente, da un’improvvisa e grave riduzione della pressione di perfusione del circolo ematico.
Ictus emorragico (intracerebrale o intraventricolare)
È una condizione determinata dalla presenza di un’emorragia intracerebrale non traumatica.
Attacco ischemico transitorio (TIA)
Il TIA si differenzia dall’ictus per la durata che nel TIA è inferiore alle 24 ore (di solito pochi minuti).


Nome a seconda della zona

L'attacco d'ictus a seconda di dove si verifica lungo il poligono di Willis prende nomi diversi:
Infarto della circolazione posteriore o Poci quando si verifica sulle arterie vertebrali e arterie basilari
Infarto lacunare o Laci quando si verifica su un'unica arteria perforante e profonda, interessando il braccio posteriore della capsula interna del ponte di Varolio
Infarto della circolazione anteriore parziale o Paci quando si verifica sull'arterie cerebrale media, dopo la sua suddivisione
Infarto della circolazione totale anteriore o Taci quando si verifica sull'arterie cerebrale media, prima della sua suddivisione


Fattori di rischio e prevenzione primaria

Gli studi epidemiologici hanno individuato molteplici fattori che aumentano il rischio di ictus. Alcuni di questi fattori (principalmente l'età), non possono essere modificati, ma costituiscono tuttavia importanti indicatori per definire le classi di rischio. Altri fattori possono essere modificati con misure non farmacologiche o farmacologiche. Il loro riconoscimento costituisce la base della prevenzione sia primaria sia secondaria dell’ictus. I fattori di rischio modificabili ben documentati sono:

  • ipertensione arteriosa;
  • alcune cardiopatie (in particolare, fibrillazione atriale);
  • diabete mellito;
  • iperomocisteinemia;
  • ipertrofia ventricolare sinistra;
  • stenosi carotidea;
  • fumo di sigaretta;
  • eccessivo consumo di alcol;
  • ridotta attività fisica.
Sono stati descritti altri fattori che probabilmente aumentano il rischio di ictus ma che al momento non appaiono completamente documentati come fattori di rischio. Fra questi:
  • dislipidemia;
  • alcune cardiopatie (forame ovale pervio, aneurisma settale);
  • placche dell’arco aortico;
  • uso di contraccettivi orali;
  • terapia ormonale sostitutiva;
  • sindrome metabolica ed obesità;
  • emicrania;
  • anticorpi antifosfolipidi;
  • fattori dell’emostasi;
  • infezioni;
  • uso di droghe;
  • inquinamento atmosferico.
La prevenzione primaria per tutti, ma specialmente per le persone a rischio, si basa su una opportuna informazione sull’ictus e su una educazione a stili di vita adeguati. È stato infatti dimostrato che le modifiche degli stili di vita possono produrre una diminuzione dell’incidenza e della mortalità dell’ictus.

Modifiche degli stili di vita che si associano ad una riduzione del rischio di ictus:
  •  Smettere di fumare - La cessazione del fumo di sigaretta riduce il rischio di ictus, ed è pertanto indicata nei soggetti di qualsiasi età e per i fumatori sia moderati che forti.
  • Svolgere una regolare attività fisica. L'attività fisica graduale, di lieve-moderata intensità e di tipo aerobico (passeggiata a passo spedito alla velocità di un chilometro in 10-12 minuti), è indicata nella maggior parte dei giorni della settimana, preferibilmente ogni giorno.
  • Mantenere un peso corporeo salutare. L’obiettivo può essere raggiunto aumentando gradualmente il livello di attività fisica, controllando l’apporto di grassi e dolciumi, aumentando il consumo di frutta e verdura.
  • Ridurre l’apporto di sale nella dieta a non oltre i 6 grammi di sale (2,4 g di sodio) al giorno. L’obiettivo può essere raggiunto evitando cibi ad elevato contenuto di sale, limitandone l’uso nella preparazione degli alimenti e non aggiungendo sale a tavola.
  • Ridurre il consumo di grassi e condimenti di origine animale, sostituendoli con quelli di origine vegetale (in particolare olio extravergine di oliva) e utilizzando i condimenti preferibilmente a crudo.
  • Mangiare pesce 2-4 volte la settimana (complessivamente almeno 400 g), quale fonte acidi grassi poliinsaturi della serie omega-3, preferibilmente pesce azzurro, salmone, pesce spada, tonno fresco, sgombro, halibut, trota.
  • Consumare tre porzioni di verdura e due porzioni di frutta al giorno, e con regolarità cereali integrali e legumi quali fonti di energia, proteine di origine vegetale, fibra alimentare, vitamine, folati e minerali (potassio, magnesio e calcio). (1 porzione di verdura = 250 g se cotta o 50 g se cruda; 1 porzione di frutta = 150 g)
  • Consumare regolarmente latte e alimenti derivati, scegliendo prodotti con basso contenuto lipidico. Per i consumatori abituali di bevande alcoliche, limitare l’assunzione di alcol a non più di due bicchieri di vino al giorno (o quantità di alcol equivalenti) nei maschi e a un bicchiere nelle donne non in gravidanza, preferibilmente durante i pasti principali, in assenza di controindicazioni metaboliche.

I trattamenti medici che possono ridurre il rischio di ictus sono i seguenti:

  • Nel paziente iperteso: il trattamento dell’ipertensione arteriosa sia sistolica che diastolica riduce il rischio di ictus indipendentemente dall’età del soggetto e dal grado di ipertensione, ed è pertanto indicato in tutti gli ipertesi. L’obiettivo suggerito dalle linee guida è una pressione <130 e <80 mm Hg nei diabetici, e almeno <140 e <90 mm Hg - o decisamente più bassi se tollerati - in tutti i soggetti ipertesi.
  • Nel paziente con fibrillazione atriale associata a valvulopatia è indicata la terapia anticoagulante.
  • Nel paziente con fibrillazione atriale non valvolare di età superiore a 75 anni e con fattori aggiuntivi di rischio tromboembolico (diabete mellito, ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco, dilatazione atriale sinistra, disfunzione sistolica ventricolare sinistra), è indicata la terapia anticoagulante orale.
  • In alternativa alla terapia anticoagulante si utilizza l’aspirina che risulta efficace, sia pure in misura inferiore, soprattutto nei seguenti casi: età superiore a 65 anni, se controindicata la terapia anticoagulante orale; età superiore a 75 anni se prevalente il rischio emorragico su quello trombo-embolico; nei casi in cui sia prevedibile una scarsa compliance o vi siano difficoltà di accesso a un monitoraggio affidabile.
  • Nel paziente con protesi valvolari cardiache meccaniche è indicata la terapia anticoagulante.
  • Nel paziente coronaropatico con colesterolo elevato, per la prevenzione dell’ictus, è indicato il trattamento con le statine.
  • Nel pazienti diabetici di età superiore ai 30 anni con un fattore di rischio aggiuntivo, è indicato l’uso dell’aspirina in prevenzione primaria. Il riconoscimento e la terapia del diabete mellito sono in ogni caso indicati per la riduzione del rischio di ictus.

Come ci si accorge di essere colpiti dall’ictus?

Quando si è colpiti da un ictus improvvisamente compaiono varie combinazioni di questi disturbi:
  • non riuscire a parlare nel modo corretto (non trovare le parole o non comprendere bene quanto ci viene detto: afasia; pronunciarle in modo sbagliato: disartria),
  • perdere la forza in metà corpo (metà faccia, braccio e gamba, dal lato destro o da quello sinistro: emiplegia o emiparesi),
  • sentire dei formicolii o perdere la sensibilità in metà corpo (in modo analogo alla forza: emiipoestesia e parestesia),
  • non vedere bene in una metà del campo visivo, ossia in quella parte di spazio che si abbraccia con uno sguardo (emianopsia),
  • vi possono essere altri sintomi ancora come la maldestrezza, l’assenza di equilibrio e le vertigini (sempre associate ad altri disturbi: una crisi vertiginosa isolata difficilmente è causata da un ictus),
  • le emorragie più gravi, soprattutto l’emorragia subaracnoidea, si annunciano con un improvviso mal di testa (cefalea), molto più forte di quello sperimentato in passato, che viene assimilato ad un colpo di pugnale inferto alla nuca.

Cosa succede dopo un ictus?

L’ictus è una malattia grave. Alcuni, meno fortunati perché hanno lesioni più estese o un decorso aggravato da complicanze, non superano la fase acuta della malattia e muoiono durante le prime settimane. Per altri, una volta superata la fase acuta, si assiste ad un miglioramento – fatto che offre motivi di speranza. Quando si verifica un ictus alcune cellule cerebrali vengono lesionate in modo reversibile, altre muoiono. Le cellule che non muoiono possono riprendere a funzionare. Inoltre nelle fasi acute dell’ictus, intorno alle aree lese il cervello si gonfia per effetto dell’edema. Quando l’edema si riduce il funzionamento delle aree sane del cervello riprende regolarmente. Infine altre aree sane del cervello possono sostituire le funzioni di quelle lesionate. Ovviamente le possibilità di recupero variano in relazione all’estensione della lesione e alla particolarità della zona colpita. Gli effetti dell’ictus variano molto nelle diverse persone: alcune sperimentano solo disturbi lievi, che con il tempo divengono quasi trascurabili, altri, invece, portano gravi segni della malattia per mesi o per anni. Complessivamente delle persone che sopravvivono ad un ictus, il 15% viene ricoverato in reparti di lungodegenza; il 35% presenta una grave invalidità e una marcata limitazione nelle attività della vita quotidiana; il 20% necessita di assistenza per la deambulazione; il 70% non riprende la precedente occupazione. Potrebbero capitare anche piccole forme di perdite di memoria temporanee e chi è affetto da questa malattia potrebbe riprendere l'uso della parola e non capire la sua situazione.